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domenica 12 aprile 2015

Un edificio paleocristiano nel Salento: Santa Maria della Croce a Casaranello

Voglio parlarvi di un luogo molto suggestivo che ho avuto modo di conoscere dal vivo più o meno un anno fa. Si tratta della chiesa di Santa Maria della Croce a Casaranello, nei pressi di Casarano (Lecce). A mio parere uno dei più splendidi esempi di edificio paleocristiano nel Salento.

L’edificio ha subito due restauri dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici, negli anni ’70 del secolo scorso e nel 2000: in particolare, quest’ultimo restauro si è concentrato sui mosaici e sugli affreschi.
La chiesa nel corso dei secoli si è evoluta e i segni di questa evoluzione si colgono nella facciata, dove in alto si nota un grande arco – adesso tamponato – sotto il quale vi è un grande rosone.
Un elemento architettonico interessante è sicuramente l’abside rettangolare aggettante, si tratta di una forma di abside poligonale largamente attestata sia a Bisanzio che in Terra d’Otranto. Nell’abside poi vi sono tre finestre, caratteristica degli edifici paleocristiani.
Attualmente l’interno è a tre navate con quella centrale coperta da una volta a botte ma non si sa se questa fosse la copertura originaria, tuttavia, se si pensa alla cupola del presbiterio e alla copertura a botte dell’abside in muratura, è possibile che anche la navata centrale presentasse in origine questo tipo di volta (anche perché tale tipologia si riscontra in molti edifici paleocristiani, in particolar modo in Oriente, in Grecia e in Terra d’Otranto).

La splendida decorazione musiva della cupola e della volta a botte dell’abside va collegata alla fase di fondazione della chiesa. Tale decorazione si articola in un registro non figurativo e un registro figurativo (nell’abside è rimasta solo un’aureola che doveva appartenere a Cristo oppure alla Vergine col Bambino) . Il mosaico della volta a botte presenta motivi geometrici – ma anche a squame e intrecciati – e  figure di animali – come volatili e pesci –  tipici delle decorazioni musive pavimentali di epoca paleocristiana. Nella cupola è invece campito un cielo stellato con al centro una croce d’oro mentre i pennacchi sono decorati con eleganti racemi vegetali su un fondo bianco. Si noti come il cielo stellato presenti una gradazione di azzurro in tre tonalità (non si esclude un riferimento trinitario). La studiosa Marina Falla Castelfranchi ha datato la decorazione musiva al VI secolo, periodo in cui nella Terra d’Otranto era fiorente la costruzione di edifici di culto. Bisogna poi aggiungere che si era nel pieno della guerra greco-gotica che fu anche un conflitto di natura religiosa dove l’ortodossia si opponeva all’arianesimo dei Goti.  E in questo conflitto religioso gli edifici di culto rivestivano grande importanza: appare quindi chiaro come la chiesa– da datare alla metà del VI secolo – rappresentasse uno dei  luoghi-simbolo ortodossi.


Bisogna poi pensare che in origine la decorazione fosse estesa a tutto il presbiterio  e che anche il pavimento fosse rivestito di mosaici (nella chiesa è presente un piccolo frammento del mosaico pavimentale rinvenuto durante il restauro degli anni Settanta). La decorazione musiva parietale costituisce un elemento presente in altri luoghi di culto della Puglia come il battistero della cattedrale di Siponto e nel complesso di San Giusto a Lucera, da circoscrivere sempre nel VI secolo.
L’alta qualità della decorazione porta  a pensare che il committente dell’edificio fosse una personalità importante, ma non ci è dato conoscere la sua identità. Al contempo, sfugge anche la funzione di questo edificio, – che si ricorda essere parte della diocesi di Gallipoli – si può forse trattare di una chiesa battesimale.
Al X secolo vanno collocate alcune immagini affrescate di straordinaria bellezza: Santa Barbara, raffigurata come una divinità dalla posa ieratica, con i suoi occhi fissi verso chi guarda, e vestita con sontuosi abiti bizantini – si notino gli orecchini semilunati, nel tipico stile bizantino – e la Vergine col Bambino, anch’essa dalla posa ieratica e che accanto presenta l’ iscrizione in greco che documenta la consacrazione delle chiesa alla Madonna nell'XI secolo.



Al XII secolo risale invece un’ulteriore campagna decorativa, realizzata sulle pareti della navata centrale. Sono arrivate sino a noi delle scene raffiguranti la Passione che stranamente non sono disposte secondo la sequenza destra-sinistra, giacché le prime si trovano sulla parete sinistra. Gli affreschi sono di grande qualità, attestando quindi l’abilità delle maestranze locali che non sempre si attenevano alle regole dell’iconografia bizantina, cercando invece di apprendere dalle esperienze maturate nel contesto in cui operavano. Durante la realizzazione di questi affreschi, era in corso la ridecorazione dell’abside ad opera di un artista legato ancora a stilemi bizantini ( si tratta di un pannello raffigurante una Deisis che è stato poi staccato e posto sulla parete perimetrale della navata destra).

I restauri del  Duemila hanno attestato che a questo ciclo cristologico si sia sovrapposto un ciclo di epoca tardo-sveva  che illustra i martiri di Santa Caterina e Santa Margherita che, come ricorda Falla Castelfranchi, erano particolarmente venerate proprio in questo periodo; è quindi probabile che affianco a quello della Theotokos, si fosse poi aggiunto, durante il XIII secolo, il culto delle due sante.


Riferimento bibliografico:
Marina Falla Castelfranchi, La chiesa di Santa Maria della Croce a Casaranello, in Puglia Preromanica, a cura di Gioia Bertelli, Milano, 200, pp.161-175.

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sabato 11 aprile 2015

La ‘Madonna della Catena’ nella chiesa di San Silvestro al Quirinale: cenni sull’iconografia e sugli interventi di restauro

Si presume che la chiesa di San Silvestro al Quirinale sia stata fondata nel XII secolo, giacché l’edificio è menzionato per la prima volta nel Liber Censuum di Cencio Camerario con il titolo de Biberatica. L’ aspetto cinquecentesco della chiesa – che fu ricostruita nel 1524 e successivamente ampliata – è stato alterato dai lavori di allargamento e di abbassamento della via XXIV Maggio, avvenuti nell’Ottocento.
Nella seconda cappella a destra della chiesa si trova un’icona medievale raffigurante una Madonna con Bambino secondo l’iconografia della Virgo lactans
Icona raffigurante la Madonna della Catena - XIII secChiesa di San Silvestro al Quirinale, Roma.
La Vergine, dalla forma allungata e dallo sguardo fisso, campeggia su un fondo completamente dorato e indossa un manto blu che le copre anche il capo. Con una mano porge un seno al Bambino che indossa una tunica rossa e un manto dorato dalle caratteristiche pieghe ‘a pettine’. Un particolare interessante riguarda le aureole decorate, con croci   quella del Bambino e a rosette quella della Madonna, realizzate attraverso un’attenta e minuziosa lavorazione a rilievo con la tecnica dello stampo. Dei due angeli raffigurati in alto restano i busti con le vesti dagli ampi panneggi e le ali colorate. L’autore di questa icona ha saputo creare un abile gioco di luci e ombre, donando spessore al viso stilizzato della Vergine grazie all’uso di toni scuri sotto e sopra agli occhi, sul naso e sul mento e all’uso sapiente di linee bianche. La stessa tecnica, seppur in maniera lieve, è utilizzata anche per definire i contorni del Bambino.
Grazie a un documento risalente al 1650, è possibile conoscere le vicende di questa icona. Nel 1555  si trovava in una piccola cappella ad essa dedicata – probabilmente quella attuale – da cui, entro il 1581, è stata tolta per essere sostituita da un dipinto raffigurante l’Assunta. Sino al 1640 l’icona è rimasta nella casa dei religiosi per poi essere collocata sopra la porta della sagrestia. Da questo momento la devozione verso questa tavola divenne tale da convincere i padri a riportarla nella cappella ed è in questa occasione che fu realizzata una pala d’altare – che gli studi hanno attribuito a Giacinto Gimignani – con una nicchia in cui essa fu inserita. Tuttavia, il dipinto attuale è soltanto una parte di quello che doveva essere una tavola di notevoli dimensioni.; lo strato di pittura è stato in parte asportato, in modo da adattare il dipinto alla nicchia in cui, come si è detto, fu inserita.
Se l’iconografia è quella della Virgo lactans (o Galaktotrophousa nella tradizione bizantina), perché la tavola è detta della Madonna della Catena? Dietro questo nome c’è una vicenda, avvenuta nel XVII secolo, che vide un giovane perdere il senno e che per questo fu legato ai ceppi per due anni sino a quando guarì grazie all’intervento divino dell’immagine alla quale furono offerte come ex voto le catene. La denominazione ‘Madonna delle Catene’ compare per la prima volta nel testo di Bombelli, il quale associa il miracolo del giovane ad un passo dell’Antico Testamento.
L’iconografia del dipinto si rivela inusuale, soprattutto se si tiene conto della cronologia (soltanto a partire dal XIV secolo infatti,  in Occidente si diffondono tavole con questa iconografia[1]) e dell’area geografica. Nel Lazio, è possibile confrontare questa tavola con la Madonna della Cantina nel Museo Diocesano di Gaeta, risalente al XIII secolo, e la Madonna del Perpetuo Soccorso in Santa Maria dell’Auricola ad Amaseno).
Fu lo studioso Pietro Toesca a collocare per la prima volta la tavola nel XIII secolo, in particolare nei primi decenni mentre studi successivi hanno ipotizzato spostamenti cronologici. Iacobini infatti, la colloca tra gli anni Trenta e Quaranta, cogliendo inoltre delle somiglianze stilistiche con gli affreschi della cappella di San Silvestro nel complesso dei Santi Quattro Coronati.
Negli anni Settanta la tavola ha subito un intervento di restauro da parte di Gianluigi Colalucci con la direzione di Luisa Mortari. Furono applicate delle traverse scorrevoli metalliche per sostituire quelle originali in legno poste dietro la tavola. Fu poi effettuata una sverzatura a  causa delle cattive condizioni in cui versava il legno mentre per la pellicola pittorica – che risultava coperta da ridipinture e da sporco – si effettuarono pulitura, stuccatura e consolidamento del colore.
 Pietro Perrino

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Serena Romano, «La “Madonna della Catena” a San Silvestro al Quirinale», in Il Duecento e la cultura gotica, Milano 2012, pp.125-127, con bibliografia precedente.
[1] Sull’origine dell’iconografia della Virgo Lactans, gli studiosi mantengono aperta la discussione. Si suppone comunque, un’origine copta, bizantina ma anche italiana.


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